“L’uomo crede di poter tenere nascosti i suoi pensieri, ma non è così.
Il pensiero si cristallizza in abitudine e l’abitudine diventa la sua realtà”
James Allen

Esiste una stretta relazione tra la scelta (e la quantità) di cibo assunto e le emozioni provate in un dato momento: le diete, per avere successo, devono essere al contempo una guida alimentare ed emozionale. Soprattutto se i chili di troppo sono tanti.
Attraverso uno studio del 2012 (Sànchez e Pontes) si è osservato che il legame tra emozioni e cibo è più forte nelle persone che soffrono di sovrappeso rispetto a chi non ne soffre o segue una dieta.
Si è notato che le emozioni non sono di per sé causa del sovrappeso, ma lo sarebbe piuttosto il modo in cui vengono gestite ed affrontate.

Enormi passi avanti nel campo della dietologia sono stati fatti grazie alla comprensione della potente influenza della mente sul corpo e sulla stretta relazione tra stati d’animo e preferenze alimentari.

Quella tra emozioni e cibo è una relazioni bilaterale: ciò che mangiamo influisce sul nostro stato d’animo e le emozioni che proviamo influiscono sul nostro modo di mangiare. Cooper et al. (1998) ci dice che non riuscire a gestire gli stati d’animo negativi influisce notevolmente nella comparsa e nel perdurare dei disturbi del comportamento alimentare.
Insomma, “ciò che pensiamo genera emozioni, ma lo fa anche ciò che mangiamo” dice M. Bradford, psicologa transpersonale e terapeuta olistica. Sono soprattutto il senso di colpa e la vergogna che agiscono negativamente sulla dieta.
Senso di colpa, vergogna, inadeguatezza sono emozioni devianti, castranti, spesso indotti da schemi sociali e retaggi culturali arcaici, preconfezionati ma duri a morire! Potenti e subdoli si depositano nei nostri pensieri rendendoci fragili, immeritevoli, piccoli.
Il nodo da sciogliere per iniziare un sano e vincente percorso di dimagrimento, sono le emozioni che noi cataloghiamo come negative: non dobbiamo sopprimerle, non servirebbe e ci priverebbero di segnali chiari che il corpo e la mente comunicano, ma comprenderle, accettarle, quindi gestirle.
Le persone sviluppano diversi comportamenti in risposta alle emozioni provate a seconda di vari fattori, come il contesto in cui si trovano, il livello di istruzione e la capacità di identificare e gestire i propri sentimenti. Il tutto risulta in una migliore o peggiore capacità di controllare il proprio peso.
Ad esempio, è stato osservato che a una maggiore emotività nell’assunzione dei cibi corrisponde una maggiore mancanza di controllo del numero di pasti e l’eliminazione della prima colazione dalla propria routine alimentare.
Per ognuno, dunque, occorre capire e studiare il “caso fisico ed emotivo” al fine di tracciare un percorso adeguato di rieducazione al cibo che tocca esperienze, sensi, significati personali ad esso attribuiti perché il tema alimentazione ha sempre un rimando alla sfera emotiva-esperienziale. Che è sempre personale.
Gli addetti ai lavori non possono prescindere da questa realtà e dall’impegno di essere preparati, essi stessi psicologicamente attrezzati e molto, molto empatici.

Il fattore emotivo più influente per le persone sedentarie è la disinibizione durante i pasti e i piccoli sgarri concessi, come cioccolato e prodotti da pasticceria. L’eccesso di questi sgarri e la mancanza di controllo nell’assunzione dei cibi, si associano spesso alla  sovralimentazione e ai disturbi del comportamento alimentare.
Per gli sportivi, invece, le emozioni legate alla colpa, come la paura della bilancia e di mangiare dolci, influiscono notevolmente nella scelta dei cibi quotidiani.

Esiste poi un gruppo di individui che per via delle proprie proprie abitudini alimentari è stato definito “mangiatori repressi” o a “dieta cronica”. Queste persone provano una paura tremenda di ingrassare e ciò le porta a restringere la propria alimentazione per mezzo di rigide diete. Paradossalmente, a causa di queste condizioni restrittive, l’individuo aumenta i suoi livelli di ingestione mangiando in eccesso.

Questi sono solo i casi più noti ma, vi assicuro, la carrellata è molto più ampia e si arricchisce stagione dopo stagione di altri profili, forme subcliniche di disagio o rapporto distorto con gli alimenti, con il loro valore nutrizionale e la loro presunta “pericolosità”. Mode e media fanno la loro parte e creano nuove icone del paradosso alimentare che, nei soggetti più vulnerabili o con esperienze fallimentari alle spalle, fanno danni. Al corpo, alla mente, allo spirito.

Con certezza posso dirvi che privarci del piacevole atto di mangiare fa sentire stanchi, frustrati, arrabbiati, vittima di ingiustizia verso coloro che se la godono a tavola ma anche nella vita. Questo scatena una sorta di rivalsa, a tratti furiosa, che impone la ricerca continua del cibo (spesso di nascosto) e la piena gratificazione nel palato, nella pancia, nella testa; che dura poco e fa male subito dopo, oltre che minare la salute.
Attenzione quindi: a maggiore privazione corrisponde maggiore attrazione!.
La branca della psicologia che studia il comportamento alimentare, spiega questo meccanismo attraverso la via di interpretazione dei pensieri ad opera dell’inconscio. Quest’ultimo, per intenderci, è incaricato nella gestione del nostro comportamento attraverso la decodifica e l’elaborazione delle informazioni ricevute dai sensi. Anche qui vale e pesa il vissuto dai primi giorni di vita ad oggi, il contorno sociale e familiare, l’autostima coltivata e raggiunta nel tempo.
La coppia emozioni e cibo è un mare magnum di storia, educazione, stimoli sensoriali, aspettative, ricordi, istinti, parole subite o pronunciate con leggerezza, bisogni, amore dato e ricevuto e forse non riconosciuto.
Si parla di cibo, dunque, ma anche di vita emotiva, di sorrisi e buchi neri che costellano la vita alimentare e comportamentale della maggior parte delle persone.
Forse anche della vostra vita, cari lettori.
Vi lascio quindi sedimentare queste informazioni per permettere ad ognuno di scandagliare il proprio intimo intercettando il proprio “nodo” personale. Che c’è, sempre, anche se misconosciuto.
Da lì, da quel punto che duole o che desidera solo essere compreso, riapriremo il dibattito tra noi. E, ricorda, non riguarda solo te, ma molte, molte altre persone. Forti, fragili, delicate, umane e vere proprio come te.

Ho dedicato e dedico il mio tempo lavorativo e di interesse personale a questo tema: tratto la “psico-alimentazione” sia come docente che come libero professionista; intendo continuare perfezionandomi e, qui, approfondire con voi il binomio “cibo-emozione”. Ti riguarda e riguarda chi ti sta vicino.
Ascoltami, leggimi, forse troverai uno spunto o solo una frase che può aiutarti.
Non mancare dunque, la settimana prossima vado avanti.
Resta in silenzio se vuoi, ma partecipa.
Io ci sarò. Anche per te e per tutti coloro che desiderano saperne di più.
Grazie