LENTEZZA FA RIMA CON PIACERE?

SLOW FOOD, SLOW PLEASURE

Perché c’è tempo, c’è tempo per questo mare infinito di gente”

Ivano Fossati

Il tempo è un simpatico artista: si diverte, ci mette in difficoltà, quasi alla prova. Sa colpire i lati deboli ma sa anche ricordarci quanto è prezioso. Ci illude e e deride allo stesso tempo.

Il tempo non esiste, diceva A. Einstein, è un’illusione bella e buona eppure è padrone e del vivere comune.

E’ un incredibile equilibrista, il tempo, sa dilatarsi, restringersi, procrastinare e richiamare all’ordine. Sa dirti che è arrivato il momento di fare, decidere, scegliere. E lo devi fare, anche se non ti va.

Leggevo di recente una frase precisa sul tempo che mi ha fatto pensare. Riflettere.

Eccola:

C’è tempo per tutto. Poi il tempo finisce. Usalo bene”.

Beh, forse un po’ perentorio l’avviso ma, tutti lo sanno, è così.

Quando siamo impegnati e concentrati in attività piacevoli, che esaltano e lasciano esprimere le nostre doti, il tempo non esiste: rapiti da quanto ci piace la mente smette di vagabondare e di rappresentare la realtà “a modo suo”. Quando siamo in presenza ossia vigili, attenti, presenti all’atto che stiamo compiendo siamo in pace; appagati. Ed è proprio in quel preciso momento che il “tempo non esiste”.

Fermare il tempo non si può (che esso esista o meno); cristallizzarlo in momenti unici, memorabili, caldi e profumati di vita si. Questo lo possiamo fare.

Allora penso che il tempo speso a maneggiare, gustare e apprezzare il cibo sia un modo per esorcizzare il timore dello scivolare lento, inesorabile del passare delle ore, dei mesi, degli anni.

Fra le tante correnti di pensiero che si occupano di cibo, di come reperirlo, prepararlo, gustarlo, nel rispetto dell’ambiente e della calma necessaria per apprezzarlo, c’è lo SLOW FOOD.

Slow Food è una grande associazione internazionale no profit impegnata a ridare il giusto valore al cibo, nel rispetto di chi produce, in armonia con ambiente ed ecosistemi, grazie ai saperi di cui sono custodi territori e tradizioni locali. Ogni giorno Slow Food lavora in 150 Paesi per promuovere un’alimentazione buona, pulita e giusta per tutti.

Quello che mi ha colpito di questa associazione sono i valori di riferimento, le azioni e il senso sui quali basano la loro missione: le comunità del cibo Slow Food operano in tutto il mondo affinché la produzione del cibo mantenga un rapporto armonico con l’ambiente oltre che affermare la dignità culturale e scientifica della gastronomia tradizionale.

Difendere il cibo vero, valorizzare la cultura culinaria, promuovere il diritto al piacere per tutti, favorire la biodiversità e un’agricoltura equa e sostenibile oltre che educare al buon mangiare, al gusto è davvero onorevole. Nel nostro piccolo e con i nostri mezzi, dovremmo farlo un po’ tutti.

Il mio invito, ora, è porre la vostra attenzione sul concetto che ha creato l’intero castello dello Slow Food.

Il termine slow, in inglese, significa lento. La lentezza, di questi tempi, nella cultura occidentale ha un’accezione negativa. Spesso rimanda a qualcosa di noioso, inoperoso, irritante.

Pensateci: quante volte vi siete innervositi perché non avete ottenuto, subito, un servizio, una risposta, un appuntamento?

Molte, è così per la maggioranza. Fa parte della nostra educazione e cultura moderna.

Se è vero che la velocità, la performace in tutte le sue versioni premia (ma è proprio così?…), in cucina e a tavola no. Anche per l’uomo moderno.

Le soluzioni fast, precotte, già pronte hanno i loro seguaci ma non sono apprezzate e desiderabili come il cibo cucinato con i dovuti modi. Cambia il sapore, la consistenza, la digeribilità, la percezione sensoriale tutta; cambia quello che rimane in bocca, nella pancia, nella mente perché cambia l’energia stessa del singolo boccone.

Quando si tratta di cucinare, mangiare, masticare, dimagrire, crescere, imparare SLOW vince a pieni voti e batte su tutti i fronti la velocità.

Su 10 pazienti, 8 masticano veloce, oltre la metà di questi soffre di reflusso gastroesofageo o altri problemi digestivi.

Molte diete falliscono, nel tempo, perché illudono sui risultati veloci e facili che quasi mai si verificano (e comportano disagi fisici e mentali).

Le pietanze spadellate di fretta e senza attenzione hanno un sapore inconfondibile di incompiuto di “monco”. Sono “così, così” e, fatalmente, lasciano insoddisfatti (a volte questo atteggiamento è figlio della cosiddetta fame nervosa che porta a mangiare sempre proprio a causa di un’insoddisfazione alimentare di base).

Ci vuole passione per cucinare, dicono, esperienza e sapere. Vero. Innegabile. Ma quello che più importa, a mio avviso, è fermarsi un attimo, abbandonare l’ansia di prestazione, concedersi tempo e testa per organizzare il pasto. Anche senza pretese da nouvelle cuisine, chi adotta la calma, la dedizione, l’attenzione quando compra, affetta, associa, cuoce e mastica il cibo è appagato, probabilmente più sano, parco e forse in forma. Se poi questi rituali sono condivisi e la preparazione, il pensiero, del cibo sono dedicati anche agli altri, il piacere e la resa sono al top.

Il cibo è un oggetto di amore reale verso se stessi e verso gli altri. Ditemi se, parlando di amore, vi sognereste di accelerare o sminuire il gesto, il pensiero e l’attenzione che prestate. Per nulla al mondo vero?

Ecco, pensa a questo quando acquisti, cucini, mangi e offri il cibo. La tua natura di essere umano faranno il resto.

E sarà un successo.

A proposito di Slow Food: le ricette con questo marchio sono per lo più buone, sane e non necessariamente lunghe nella preparazione.

Ho cercato, per deliziarvi, un esempio (rivisitato) che riporto qui di seguito.

Crêpes al grano saraceno con uova e verdure invernali

Ingredienti per 2 crêpes

Pastella

120 g farina di grano saraceno

¾ cucchiaino di sale

2 uova grandi

230 ml latte di soia senza zucchero

olio extravergine di oliva

60-115 ml acqua

Farcitura

2 uova

60 g di formaggio di capra

10 foglie di bietola o cavolo nero

1 pizzico di sale e pepe

Preparazione

Prepara la pastella ca. 8 ore prima di usarla. In un contenitore alto mescola con la frusta elettrica (o usa il robot da cucina) farina, sale, uova e latte, fino a ottenere un impasto liscio. Metti la pastella in un barattolo chiuso e riponila in frigo (tutta la notte).

Al momento di usarla, aggiungi nel barattolo un poco di acqua tiepida e scuotilo in modo da amalgamare bene, fino a ottenere una pastella più liquida.

Taglia a strisce le foglie di bietola o di cavolo e lessale in acqua bollente per 10-15 minuti, fino a che non saranno morbide. Scolale bene e tienile da parte.

In una padella medio-grande, su fuoco vivo, versa un filo di olio e versa un mestolo di pastella, distribuendola bene sul fondo della padella, facendola girare. Cuoci su fiamma media per 2-3 minuti.

Aiutandoti con un cucchiaio di legno o un coltello, stacca la crépe dai bordi della padella e girala. Dopo un minuto aggiungi nel centro il formaggio, la verdura e l’uovo. Aggiungi un pizzico di sale e di pepe. Una volta cotta, ripiegala 4 volte, in modo da ottenere più o meno un quadrato. Mettila in caldo e ripeti l’operazione con la seconda crêpe.

Vi piace?

A voi l’ultima parola per commenti e considerazioni.

Vi aspetto, qui, la settimana prossima.

Io ci sarò!

Grazie